Paolo Rocco Cipriano, membro sotto condizione SLPcf
Quale passione anima, in principio, un’analisi? Quando si raggiunge lo studio di uno psicoanalista è per via di un sintomo che causa sofferenza. Dove provava una certa soddisfazione – o, per dirla con Freud, dove vigeva un certo principio di piacere – ora il soggetto, al di là del piacere, soffre. Come è possibile mettere in atto una certa condotta, non poterne fare a meno e, ugualmente, soffrirne? Dunque, a partire da tale impasse, ci si rivolge ad un analista, al quale si suppone un qualche sapere riguardo le proprie pene, un sapere che preannuncerebbe una risposta. Per questo, ne Il transfert negativo[1], Jacques-Alain Miller evidenzia come il soggetto entra nell’esperienza analitica come mancanza-a-essere, mentre l’analista vi si presenta in quanto essere «suppostamente colmo della sua mancanza»[2]. Ovvero, il soggetto rimette all’analista il verdetto sulla propria verità taciuta, facendone il depositario del codice del proprio essere, scrigno del proprio desiderio. Dunque, «il cuore dell’operazione di sapere è un cuore amoroso»[3], nella misura in cui ricerco nell’altro il nerbo della mia mancanza.
Tale amore è, però, un amore sotto condizione. Posso continuare ad amare l’altro, solo nella misura in cui l’altro svolge la sua funzione di “tesoriere”. Ovvero, amo l’altro nella misura in cui io non so, ma – poiché l’altro sa – attraverso di lui io sono. Allora, come evidenzia Alfredo Zenoni, «l’amore e l’ignoranza sono due facce della stessa medaglia»[4]. L’amore riporta il soggetto ad un vicolo cieco, implicando – in tale processo di delega – non l’apertura, quanto la chiusura dell’inconscio: «Il transfert è al contempo ostacolo alla rimemorazione e presentificazione della chiusura dell’inconscio, che è la mancanza, sempre al momento giusto, del buon incontro»[5].
D’altra parte, l’analista non corrisponde a questo amore, riguardandosi dall’accogliere l’investitura conferitagli. Compito dell’analista è quello di favorire il buon incontro, che non attiene a un appuntamento galante, ma è provocato dall’atto che infrange l’amore. Se, come sostiene Lacan, la presenza del’’analista è essa stessa una manifestazione dell’inconscio[6], affinché l’inconscio batta l’atto analitico deve configurarsi come atto di rottura.
Da una iniziale richiesta, allora, non può che derivare una certa frustrazione, dall’appello non si può attendere nient’altro che presenza. L’analista – orientato dai principi della psicoanalisi – non risponde alla domanda sul piano del sapere, non rimanda ad una diagnosi o ad una certa prassi, non restituisce un “È questo!”, ma avanza nel sospetto: “È questo?”.
Pertanto, precisa Miller, l’analista suscita anche un certo odio. Localizzando nell’altro il cuore del mio essere, è da lui che dipendo, quindi: «[…] nell’odio sono più vicino al mio essere di oggetto perduto nel desiderio dell’altro»[7]. Se, come sostiene il principe Charles-Maurice de Talleyrand, è vero che il potere logora chi non ce l’ha, comprendiamo perché quest’odio sia meno un segno di limite che un segno di superamento[8]. D’altro canto, a differenza del’’amore, Lacan ha definito l’odio come «il solo sentimento lucido»[9], uno sguardo meno appannato dalla nebbia dell’immaginario.
Come Don Chisciotte[10], anche lo psicoanalista ha a che fare con dei giganti, che ad uno sguardo maggiormente attento si rivelano dei mulini a vento, mossi dal circuito della pulsione: gli affetti. Allora, allo psicoanalista spetta il compito di provocare le passioni, affinché da un cuore infranto e attraverso l’odio che ne discende, l’illusione sveli l’intenzione, il taglio diventi apertura, l’oggetto si faccia causa, l’amore si rinnovi in desiderio.
[1] J.-A. Miller, Il transfert negativo, “La psicoanalisi”, 27.
[2] Ivi, p. 27.
[3] A. Zenoni, I paradigmi del transfert, “La psicoanalisi”, 35, p. 253.
[4] Ivi, p. 254.
[5] J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964], a cura di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2003, p. 142.
[6] Cfr. J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964], a cura di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2003, p. 123.
[7] A. Zenoni, I paradigmi del transfert, “La psicoanalisi”, 35, p. 260.
[8] Cfr. J. Lacan, Nota sulla relazione di Daniel Lagache: Psicoanalisi e struttura della personalità [1960], in Scritti, a cura di G. Contri, Torino, Einaudi, 1974, p. 676.
[9] J. Lacan, Il seminario, Libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante [1971], a cura di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2010, p. 96.
[10] M. de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, Milano, Mondadori, 2017.